Come ho letto Anna Karenina per caso

Non voglio insinuare che servano dei motivi per leggere Tolstoj. Tra i tanti capolavori della letteratura russa, però, Anna Karenina non l’avrei mai messo in cima alle mie priorità. Forse l’avrei letto per decimo, dopo tutti i Dostoevskij che ancora mi mancano. Invece qualche mese fa ho comprato I russi sono matti di Paolo Nori, che contiene un bel po’ di spoiler su diversi capolavori della letteratura russa, tra cui un numero consistente di pagine dedicate a spoilerare Anna Karenina. Perciò, arrivato a pagina 99, dove Nori dice che «chi non ha letto Anna Karenina e non sa come va a finire, si dovrebbe fermare qui», ho chiuso il libro e sono andato a comprare Anna Karenina.

Ci ho messo qualche mese, ma solo perché avevo anche altre cose da leggere. Poi, subito dopo Anna Karenina, ho finito anche il libro di Paolo Nori, con gran sollievo: era fermo sul comodino da troppo tempo, e quando lo vedevo mi sentivo in difetto nei suoi confronti.

I russi sono matti, a parte le curiosità sui russi e sulla loro letteratura, che possono interessare, a me sì, a qualcun’altro forse meno, vale la pena leggerlo perché nell’ultima parte, quella che viene dopo gli spoiler di Anna Karenina, parla del byt, una parola intraducibile che in russo significa più o meno e se non ho capito male: l’invisibile quotidiano, ciò che vediamo così tanto e così spesso che non ci facciamo neanche più caso, e alla fine è come se non lo vedessimo più.

Il byt, secondo Nori, è ciò di cui è fatta la letteratura russa. Ecco, di Anna Karenina, senza spoilerare niente, posso confermare che è un libro fatto soprattutto di byt.

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