Diario dallo smart working. Giorno 6

Ecco, è successo di nuovo. Sono rimasto chiuso in casa per 48 ore. L’ultima volta che sono uscito è stata domenca, per andare alla Coop a fare la spesa settimanale.

A proposito, niente saccheggi questa settimana; anzi, c’erano dei broccoli ingialliti, che immagino fossero lì da martedì scorso, poveretti.

Stasera sono uscito per tornare alla Coop, perché domenica avevo dimenticato una cosa, e già che c’ero ho comprato un broccolo: oggi ce n’erano degli altri, verdi.

Da domenica, comunque, le temperature si sono abbassate, ogni tanto piove, e stare un po’ in letargo non è così male. Si vocifera sui giornali che questa situazione potrebbe andare avanti ancora per un mese (l’emergenza coronavirus, non la pioggia). Se è davvero così, mi devo organizzare.

Intanto ho deciso di non restare in pigiama. Anche se non esco, tutte le mattine mi faccio la doccia e mi vesto. Stare in pigiama tutto il giorno è bello, ma sospetto sia una di quelle cose belle che a lungo andare fanno male.

Il lavoro smart oggi è andato liscio: ho fatto alcuni giri di bozze (cioè ho ricevuto della roba da impaginare, l’ho impaginata, ho mandato il pdf, ho ricevuto le correzioni da impaginare, le ho fatte, ho mandato il pdf aggiornato, ho ricevuto altre correzioni, le ho fatte, ho mandato il pdf aggiornato…) e tra un giro e l’altro ho trovato il tempo di leggere dei libri e scrivere delle cose.

Anche questa sera, come martedì scorso, infine, ho partecipato alla riunione di CreativeMornings su Skype. Eravamo tutti su Skype, ciascuno dalla sua stanza. Mi verrebbe da scrivere, con un pizzico di nostalgia per i bei tempi quando ci si vedeva e ci si abbracciava, che è un po’ strano riunirsi su Skype quando siamo quasi tutti a Bologna; in realtà, però, non lo trovo strano per niente, forse perché il contatto fisico con le persone non mi è mai piaciuto granché.

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